Campionesse d’Europa

Il 25 maggio 2005 è una data che tutti i milanisti (e gli anti-milanisti, ovviamente) ricordano bene. È la serata della famosa finale di Champions League a Istanbul, dove il Milan chiude il primo tempo in vantaggio 3-0, viene recuperato dal Liverpool in una decina di minuti, spreca un’occasione colossale nei supplementari e perde clamorosamente ai rigori.

Appena due anni dopo, il Milan torna in finale di Champions, sempre contro il Liverpool, e si prende la sua rivincita, anche contro una Calciopoli particolarmente severa nei suoi confronti. Alla Nazionale di volley è bastato un mese: il 4 agosto si chiudeva la nostra Olimpiade, mestamente, con la Serbia che ci infliggeva un 3-0 devastante e i social che riempivano di merda (cit. Egonu) le nostre ragazze. Ieri, il 4 settembre (auguri Ale!), di nuovo le serbe, di nuovo la paura dopo il primo set perso ai vantaggi per colpa di qualche errore di troppo (e di un evidente fallo di seconda linea di Boskovic sul set point, clamorosamente non visto né dagli arbitri né da Mazzanti) e un secondo set che arriva sul 22-20 per le padrone di casa. Già, perché aggiungiamo il fatto che siamo alla Stark Arena di Belgrado, 22.000 posti, piena zeppa, zero limiti di capienza e mascherine frequenti come un idraulico che fattura (true story di casa Panini-Lenzi). Probabilmente quello è l’estremo opposto, ma è l’ennesimo schiaffo alla gerontocrazia restacasista italiana che impone un assurdo 35% di capienza in zona bianca, 1.000 persone in gialla, porte chiuse in arancione/rossa e che non ha ancora aggiornato i criteri di passaggio di fascia da quando sono arrivati i vaccini. Ok, fine parentesi polemica, scusate ma ho il dente un po’ avvelenato. Dicevamo, 22-20. Qualcosa cambia in quel momento. Facciamo cambio palla, Orro va al servizio e non riesce a ripetere il 13-0 contro la Russia solo perché a 25 finisce il set. 5-0 di parziale, 22-25, 1-1.

Il momento magico sembra essersi perso con il cambio campo, visto che la Serbia mura tutto il murabile e si porta sull’8-3 in avvio di terzo set. Chissà se le ragazze sanno perché un modenese sorride ogni volta che vede 8-3 (per chi lo ignorasse, i motivi sono questo e questo). Forse non lo sa neanche Mazzanti, che inserisce Malinov al posto di Orro per guadagnare qualche centimetro in prima linea. Non ci sono cambi campo, non siamo al tie break, non c’è Russell in battuta, ma la magia dell’8-3 avviene di nuovo. Le azzurre cambiano faccia, murano, difendono, spingono forte al servizio e piazzano un clamoroso 11-22 di parziale. Partite da -5, vincono il set con 6 punti di vantaggio.

Siamo a un passo dall’Europeo, se la faranno sotto? Assolutamente no. Nel quarto set l’Italia concentra tutta la sua voglia di riscatto, contro le 3 eliminazioni consecutive da parte della Serbia, contro tutta la melma (cit. Mazzanti) che hanno dovuto ingoiare in questo mese, contro chi si chiedeva se ci fosse la Boldrini dietro alla presunta intoccabilità di Sylla ed Egonu. È una progressione devastante: 2-8, 4-12, 8-21 dopo un turno in battuta proprio di colei che non teme più il confronto con Boskovic e piazza 3 ace micidiali in successione. Arriviamo a 24, la Serbia è ferma a 11, abbiamo 13 match ball. Ne basta uno, perché al primo tentativo Sylla si inventa un contrattacco assurdo da seconda linea e, finalmente, le ragazze terribili possono festeggiare.

L’angolo tecnico-statistico

Nel primo set, entrambe le palleggiatrici concentrano il gioco sulla loro superstar (16 alzate su 33 per Boskovic, 14 su 34 per Egonu). A fare la differenza, in un set finito ai vantaggi, sono gli errori (Serbia 3-5 Italia) e, soprattutto, le centrali. Da una parte Rasic e Popovic segnano 12 punti in due con 75% in attacco, dall’altra Chirichella e Danesi combinano per 2 punti e 20%. Nel secondo set, Ognjenovic continua a caricare Boskovic (17 attacchi su 27), che però cala di qualità (7 punti, 41% in attacco, 2 errori, 1 muro subito), mentre Orro è molto più equilibrata (11 palloni a Egonu, 10 a Pietrini, 8 a Sylla). Le rispettive scelte sono legate anche alla differenza di qualità in ricezione (25% di perfetta per la Serbia, 72% per l’Italia). Da notare che, nonostante le numerose palle sopra la testa, Orro cerchi pochissimo le centrali (2 alzate per Danesi, 1 per Chirichella). Nel terzo set entra Malinov, che concentra maggiormente il gioco su Egonu (12 attacchi, 6 punti), ma tiene calde le centrali (7 attacchi, 5 punti) e le schiacciatrici (10 attacchi, 6 punti, entrambi equamente condivisi). Maja serve invece solo 6 palle a Boskovic (3 punti), mentre ne dà 8 alle centrali (4 punti) e 7 alle 3 schiacciatrici che ruotano, trovando però la miseria di 1 punto. Tutto questo con l’Italia che mette a referto soltanto 3 ricezioni perfette in tutto il set, ma che difende forte e sfrutta bene i contrattacchi con Malinov in versione De Cecco. Il quarto set è una cavalcata trionfale, con Lia che sente la carica di Sylla e concentra il gioco su di lei ed Egonu (18 attacchi su 22, 10 punti), mentre le centrali, orfane di palloni, si sfogano a muro (4). Ognjenovic torna allo spartito di inizio gara, ma non trova risposte né da Boskovic (13 attacchi, 4 punti, 1 errore, 3 muri subiti) né dalle centrali (10 attacchi, 2 punti, 2 murate subite). L’Italia sfrutta la capacità di non essere solo Egonu (che chiude con 29 punti, 53% in attacco e 4 ace) e di trovare contributi anche da Pietrini (non la sua miglior partita, ma comunque 13 punti, 44% in attacco e 1 muro) e, soprattutto, da Sylla. Lo avete letto nei miei post su Facebook, lo avete visto con i vostri occhi, per Myriam gli ultimi mesi sono stati un calvario. Tolta nel primo set della finale di Champions e lasciata in panchina per il resto della partita, posto da titolare perso a Tokyo complice un infortunio in allenamento, un avvio incerto all’Europeo ma finito in crescendo. In finale, torna la Sylla che conosciamo tutti, con 20 punti, 54% in attacco, 42% di ricezione perfetta, 2 ace e 3 muri. Ci serviva la sua fisicità in prima linea, per dare credibilità a un attacco diversificato e aprire gli spazi per Egonu. Al contrario, la Serbia ha finito per cedere a un gioco scontato, con palla al centro in caso di ricezione perfetta o free ball in contrattacco e a Boskovic in tutti gli altri casi. Certo, Ognjenovic non è stata aiutata dal fatto che le schiacciatrici che hanno ruotato hanno fatto 6 punti in 3 con un misero 22% di efficacia e 11% di efficienza. L’Italia si è prontamente adattata a questo schema, iniziando a saltare in opzione su palla in testa a Maja e a preparare in anticipo il muro-difesa su Boskovic. In questo ha pesato sicuramente l’assenza di Mihajlovic, schiacciatrice molto forte in attacco, in un certo senso l’alter ego serbo di Sylla. Questo non deve sminuire la portata della nostra impresa, perché, come vedremo dopo, anche noi abbiamo avuto assenze pesanti.

L’Europeo

L’ho scritto tante volte e lo confermo in questa sede: a Tokyo il problema è stato mentale. A livello tecnico, questa Nazionale non solo è sicuramente una delle più forti del mondo, ma ha il potenziale per dominare a lungo la scena internazionale. Ricordiamo che questa squadra si è imposta all’attenzione mondiale ai Mondiali del 2018, quando batté la favorita Cina in semifinale per poi iniziare la striscia negativa contro la Serbia con una sconfitta al tie break piena di rimpianti.

5 delle 7 titolari di quella finale lo erano anche ieri sera, 6 se consideriamo anche Malinov che non è partita subito in sestetto ma ha preso il posto di Orro a metà partita. Se guardiamo il roster, invece, siamo a 10 su 14. Ecco, prendete la tabella sotto e togliete 3 anni a tutte (tranne a Orro che non c’era). Erano fondamentalmente delle ragazzine, si sono trovate gli occhi di un’intera nazione addosso, venendo anche premiate ai Gazzetta Awards come “squadra dell’anno”. Hanno parzialmente deluso all’Europeo dell’anno seguente, a causa dell’infortunio di Lucia Bosetti che ha lasciato la squadra molto scoperta in ricezione, perdendo malamente contro (indovinate un po’?) la Serbia in semifinale. Forse c’era anche qualche nervo scoperto dopo il caso-Pietrini (ne parleremo dopo). Poi un anno di stop causa Covid e le Olimpiadi, il grande appuntamento atteso con trepidazione da tutti. Le aspettative erano enormi, i risultati li sappiamo. Come ho scritto anche su Facebook, il mio sospetto è che dietro la facciata della “nazionale del sorriso” ci fosse tanta, troppa tensione dovuta a questa pressione relativamente nuova per delle ragazze abituate a uno sport con pochi spettatori (praticamente zero nell’ultimo anno, per ovvi motivi) e una visibilità mediatica molto bassa. Queste variabili cambiano radicalmente quando si tolgono la divisa del club per indossare quella della Nazionale (basta vedere i dati Auditel che hanno registrato sulla Rai in queste settimane) e non è così facile riuscire a mantenere lo stesso livello di performance, soprattutto quando tutti si aspettano una medaglia, magari d’oro. Abbiamo visto i loro sorrisi su Instagram, così come abbiamo imparato dei fiumi di lacrime versati dalle nostre ragazze dopo l’eliminazione, come se la batosta subita avesse finalmente consentito loro di esternare tutta quella tensione che non volevano mostrare a chi le seguiva.

Da qua il parallelo di inizio post con il Milan. Nella sua autobiografia “Preferisco la coppa”, Carlo Ancelotti, allora coach dei rossoneri, racconta che, dopo aver battuto il Manchester United, la squadra si riunì per seguire l’altra semifinale di Champions tra Chelsea e Liverpool con, testuali parole, un tifo da ultras per i Reds. C’era voglia di riaffrontarli, subito, con la ferita di Istanbul ancora sanguinante. Lo stesso hanno fatto le ragazze dell’Italvolley, per cui è stata quasi una benedizione poter affrontare un’altra competizione a poche settimane dall’Olimpiade e, soprattutto, di nuovo la Serbia in finale. È andata come al Milan. Malinov ha accettato la “retrocessione” a riserva di Orro ma si è fatta trovare pronta quando richiesto (soprattutto in finale) e ha mantenuto con la pari ruolo un ottimo rapporto umano. Sylla, una volta recuperata la forma, si è calata alla perfezione nel ruolo di capitano, dimostrando di poter essere quel leader emotivo “alla Bruno Rezende” in campo che a mio avviso è mancato tantissimo a Tokyo. Pietrini non si è lasciata scoraggiare dai problemi in ricezione e dal fatto che Malinov l’avesse un po’ trascurata nel quarto set, mettendo a terra le palle importanti. Egonu ha dimostrato a Boskovic che la più forte del mondo è lei. Così, per la seconda volta in un’estate, l’Italia vince l’Europeo battendo in finale la Nazionale del paese organizzatore. C’è chi dirà che l’Europeo non è l’Olimpiade (tra cui Adinolfi il cui retto, ricordiamo, ha lo stesso traffico dell’A14 nelle due settimane centrali di agosto) e non avrebbe torto. Con l’allargamento a 24 squadre si sono viste alcune partite dal livello piuttosto ridicolo e, alle Olimpiadi, 3 delle 4 semifinaliste non erano europee. Questo ha sicuramente favorito l’Italia, che ha evitato avversarie veramente forti fino alla finale e ha consentito a Mazzanti di insistere con Sylla titolare per farle ritrovare fiducia e ritmo partita, mossa che ha pagato dividendi in finale. In ogni caso, l’anno prossimo, Covid permettendo, si disputeranno i Mondiali in Polonia e nei Paesi Bassi. Ci saranno sicuramente Italia, Serbia (campione uscente) e Turchia. Ci saranno molto probabilmente USA e Brasile, oro e argento alle Olimpiadi. Ci saranno altrettanto probabilmente anche Corea del Sud (quarta alle Olimpiadi) e Cina, desiderosa di vendicare il disastro olimpico. Insomma, ci saranno tutte le big. Vedremo cosa sapranno combinare le neo campionesse d’Europa.

Le giocatrici

Dicevamo della loro giovane età. Ecco quindi un piccolo confronto tra coloro che hanno disputato la finale per un numero significativo di scambi:

ItaliaEtàEtàSerbia
De Gennaro3437Ognjenovic
Chirichella2735S. Popovic
Sylla2630Rasic
Malinov2527Busa
Danesi2526M. Popovic
Orro2324Boskovic
Egonu2224Milenkovic
Pietrini2121Lazovic

Oltre ai freddi numeri, va considerato il fatto che le due più giovani dell’Italia (43 anni in due) sono state anche le due principali bocche da fuoco (cosa che non si può certo dire di Lazovic e Milenkovic). Non era scontato, almeno per Pietrini: nel 2019/20 stava giocando una grandissima stagione a Scandicci, poi il campionato è stato interrotto per la pandemia. L’anno scorso, invece, sembrava aver fatto dei passi indietro, con coach Barbolini che spesso e volentieri l’ha tenuta in panchina per Vasileva. Molta gente non la voleva nemmeno tra le convocate, anche a causa di alcune storie tese con Egonu 2 anni fa che la portarono ad abbandonare il ritiro pre-Europeo (tutto chiarito e superato, per fortuna nostra), invece ha disputato due ottime rassegne, risultando la più continua delle nostre. Inoltre, non dimentichiamoci che a questo Europeo sarebbe dovuta partire titolare Caterina Bosetti (27 anni), fermata da un dito rotto, e che dopo la fase a gironi abbiamo dovuto rinunciare a un’altra titolare, Fahr (20), per un infortunio molto più serio (le hanno dovuto ricostruire chirurgicamente il crociato) che la terrà lontana dal taraflex per molti mesi. In questo caso, per l’Italia si è trattato di addiction by sottraction. Al loro posto, infatti, hanno giocato rispettivamente Sylla, di cui abbiamo già ampiamente parlato, e Danesi. La centrale di Monza è reduce da due stagioni strepitose in campionato, dove si è confermata tra le migliori giocatrici a muro, e all’Europeo si è confermata tale, stampandone ben 6 in faccia alle serbe nella finale di Belgrado. È stata una grande rivincita anche per Egonu, dopo le recenti stecche in Nazionale e i soliti commentatori da bar che ne discutevano la grandezza nonostante abbia vinto tutto il vincibile con Conegliano. C’è un parallelismo interessante tra la sua storia e quella di Leo Messi, il cui ruolo di calciatore più forte al mondo è stato spesso contestato per i risultati ottenuti con l’Argentina. Quest’anno, sia lui che lei hanno vinto il loro primo titolo con la Nazionale, tra l’altro entrambi in una competizione continentale (Copa América per lui, Europei per lei). Il confronto tra Egonu e Boskovic, a mio avviso, è stato molto condizionato dalle differenti palleggiatrici. La Nazionale serba ha Ognjenovic, una delle migliori al mondo e che con Boskovic ha giocato anche nel club. L’Italia, invece, ha alternato due palleggiatrici giovani, che hanno ancora margini di miglioramento e che hanno giocato con Egonu a livello di club solo nei primi anni del Club Italia, uno dei quali addirittura in A2. Non a caso, Paola ha distrutto la pari ruolo serba anche nel loro ultimo incontro nei club, quando in squadra con lei c’era la polacca Wolosz, colei che contende a Ognjenovic la palma di miglior palleggiatrice al mondo. Per quanto riguarda le sue riserve, alle ultime manifestazioni è stata chiamata Nwakalor (22 anni), che con Egonu condivide l’essere nata in Italia da genitori nigeriani, ma ci sarebbe anche Mingardi (23), capocannoniere degli ultimi due campionati. Insomma, questa squadra ha dei problemi di abbondanza e, come se non bastasse, la Under 20 ha vinto il Mondiale di categoria qualche mese fa. Inoltre, l’unica giocatrice “over” (De Gennaro) gioca nel ruolo di libero, in cui oggi non è raro vedere titolari anche delle 40enni, e dietro cui scalpitano giovani come Parrocchiale (25 anni), Fersino (21) e Zannoni (23), tutte titolari in club che puntano ai vertici del campionato. Insomma, occhio a queste ragazze: ora che hanno iniziato a vincere, potrebbero non smettere così facilmente.